Popolari addio? Intervista a Gianfranco Fabi

BANCHE POPOLARI | Fabi: qualunque fondo straniero potrà scalarle. Ecco perché gli eurodeputati italiani devono agire

Il decreto che obbliga le banche popolari più grandi a convertirsi in Spa mette ulteriormente a rischio il nostro sistema economico. Gianfranco Fabi spiega perché, e in che termini, gli esponenti italiani del Parlamento europeo devono intervenire.

17.07.2015

Gianfranco Fabi alla presentazione di Crema

Il 20 gennaio, un decreto del governo Renzi (convertito definitivamente in legge dal Parlamento il 24 marzo) ha imposto alle banche popolari di maggiori dimensioni di trasformarsi in società per azioni. Come è stata – realmente – interpretata l’operazione nel resto d’Europa e quali saranno gli effetti sul sistema economico italiano? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Fabi, autore, assieme a Franco Debenedetti, di “Popolari addio? Il futuro dopo l’abolizione del voto capitario”, edito dalla Guerini & Associati.
Che considerazione hanno gli altri Paesi europei delle proprie banche popolari?

Le banche popolari esistono in tutti i Paesi d’Europa, pur con forme diverse e con strutture giuridiche particolari, per questo difficilmente confrontabili. Soprattutto in Francia e in Germania costituiscono comunque un elemento fondamentale per la diffusione del credito a livello territoriale e a particolari settori dell’economia, come quello agricolo. In nessun Paese europeo (tranne l’Italia) sono state approvate norme per modificare la natura di queste banche, tutte caratterizzate dal voto capitario. Germania, Inghilterra e Spagna hanno approvato o almeno messo in cantiere significative riforme del loro sistema bancario, ma in nessuno di questi paesi, e nemmeno negli altri paesi europei – Svizzera compresa -, si è pensato, proposto o approvato un provvedimento che intervenisse sulla governance o sulla struttura giuridica delle banche popolari.

Che direzione hanno assunto gli interventi sulle banche effettuati nel resto d’Europa?

Le riforme hanno riguardato la separazione tra le attività bancarie tradizionali (tipiche delle banche commerciali) dalle più rischiose attività di investimento finanziario (normalmente di competenza delle cosiddette banche d’affari). In Germania, per esempio, le banche con oltre 100 miliardi di attivi o con oltre il 20% del bilancio impegnato in investimenti strettamente finanziari sono tenute a separare l’attività retail da quelle di investment banking.

Sono un elemento su cui l’Unione europea può puntare per uscire dalla crisi?

Il settore bancario è uno dei settori più importanti sulla strada di una vera unità politica europea, anche perché molti passi avanti sono stati compiuti, per esempio, con l’importante passaggio alla Banca centrale europea della vigilanza sui grandi istituti. E le banche popolari sono considerate a Bruxelles (forse meno a Francoforte) un elemento fondamentale non solo per la solidità del sistema economico, ma anche per mantenere il più possibile vicino il sistema del credito a quello produttivo.

La natura delle Popolari italiane era coerente con la disciplina e la prassi europee?

L’Unione europea ha archiviato negli anni scorsi una procedura d’infrazione sulla disciplina delle Banche popolari italiane sostenendo che: “1) tutte le Banche Popolari sono vere cooperative sia nella forma che nella sostanza, “de jure et de facto”; 2) la loro disciplina è pienamente compatibile con quella dell’Unione europea e con il Trattato Ue; 3) le Banche Popolari sono la legittima espressione di quella particolare forma di libertà di impresa che consiste nella libertà di organizzare la società scegliendo liberamente fra i differenti modelli riconosciuti e previsti dall’ordinamento giuridico; 4) il modello della società cooperativa ha pari dignità di quello della società per azioni per l’esercizio dell’impresa bancaria; 5) tale modello, nella forma delle Banche Popolari, può essere senz’altro adottato anche in caso di dimensioni rilevanti e/o di quotazione sui mercati borsistici, non sussistendo alcuna incompatibilità tra il modello cooperativo e la complessità e rilevanza delle dimensioni né della quotazione delle azioni nei mercati regolamentati”.

La decisione del governo italiano di trasformare le prime dieci Popolari in Spa che ripercussioni determinerà sul nostro sistema economico?

La trasformazione in spa più che creare delle opportunità apre un periodo di forti incognite. Fino ad ora, come dimostrano tutte le evidenze statistiche, le banche popolari sono state quelle che hanno maggiormente finanziato le piccole imprese e le economie locali. E lo dimostra, purtroppo, anche il fatto che hanno una percentuale di sofferenze maggiore delle altre banche, data la crisi che negli ultimi sette anni ha investito le imprese italiane. Le banche popolari, pur confrontandosi apertamente sul mercato, non hanno tra i loro obiettivi la massimizzazione del profitti a breve termine o la partecipazione a investimenti puramente finanziari.

Banche spa
Banche Spa. Fonte: http://vignetteagj.blogspot.it/2015/01/banche-popolari.html

Quindi? Quali rischi corriamo?

Trasformandosi in spa, tutto dipenderà dalle strategie di chi ne conquisterà il controllo. Invece di essere guidate dai “signorotti locali”, come sono stati sprezzantemente definiti dal premier Renzi gli attuali responsabili delle popolari, le nuove spa potranno passare sotto il controllo di qualche fondo di investimento speculativo del Minnesota, della Cina o di qualche emirato del Golfo. Con tutto il rispetto per questi fondi è difficile che possano avere la stessa attenzione delle attuali banche verso la piccola impresa meccanica di Suzzara o il coltivatore diretto di Calolziocorte.

Gli eurodeputati italiani hanno margini di manovra? Che iniziative dovrebbero assumere in merito?

Il Parlamento italiano ha varato la riforma nei tempi stretti richiesti dalla forma del decreto legge. E’ quindi mancata una riflessione approfondita ed è soprattutto mancato un serio dibattito nell’opinione pubblica sui temi di questo intervento. Uno dei compiti principali che potrebbero avere i parlamentari europei dovrebbe essere quello di mantenere l’attenzione sul problema, sia a livello politico, sia a livello di opinione pubblica. E’ stato così, per esempio, con l’iniziativa di Massimiliano Salini che ha promosso a Crema la presentazione del libro Popolari addio?, edito da Guerini, che contiene un mio saggio in difesa del modello delle banche popolari e un altro di Franco Debenedetti che difende le ragioni della riforma. In quell’occasione il presidente del Banco popolare, Carlo Fratta Pasini, ha sottolineato, prima, l’esigenza di una maggiore informazione e, poi, di un maggior coinvolgimento degli attuali soci delle banche popolari e delle realtà locali. Perché non appare impossibile, anche se sarà difficile, mantenere gli attuali valori mutualistici e di partecipazione anche nel nuovo assetto giuridico.


Popolari addio? Il futuro dopo l’abolizione del voto capitario

di Franco Debenedetti e Gianfranco Fabi
Collana sì sì no no 
Popolari addio?

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