Alexei Navalny, la morte del dissidente e il silenzio del Cremlino

Il 16 febbraio, il più grande oppositore di Putin è morto nella colonia penale IK-3. Media e Televisione russa parlano di “embolia” e “coagulo sanguigno”, l’Unione Europea e i sostenitori di Navalny in Russia e nel mondo gridano all’Omicidio di stato: dopo gli svariati tentativi di neutralizzarlo – tra cui la persecuzione giudiziaria – il Cremlino ce l’avrebbe finalmente fatta.

Una storia di coraggiosa dissidenza, una fine annunciata

Una “morte annunciata” secondo l’avvocato e giornalista Gennaro Grimolizzi, autore di “Avvocati di Guerra. Storie e testimonianze da Ucraina e Russia“, pubblicato lo scorso gennaio con Edizioni Guerini e nel quale si racconta dello scenario desolante dell’avvocatura russa e ucraina durante il conflitto. In questi ultimi giorni sono stati perquisiti gli uffici dell’Ordine degli avvocati di Dalet, del quale fanno parte Liptser e Sergunin, e lo studio legale di Olga Mikhailova, avvocata molto vicina a Navalny, in quanto, come scrive Grimolizzi, “l’assimilazione tra avvocato e imputato o condannato è diventata ormai una triste realtà nella Russia tenuta sotto lo schiaffo da Putin”.

Gennaro Grimolizzi, Avvocati di Guerra. Storie e testimonianze da Ucraina e Russia, Guerini e Associati, 2024
Gennaro Grimolizzi, Avvocati di Guerra. Storie e testimonianze da Ucraina e Russia, Guerini e Associati, 2024

Il presidente russo non ha commentato la notizia della morte di Navalny, colui che definiva “innominabile” e a cui aveva già fatto scontare, prima di morire, 37 mesi di reclusione. Ma questo è molto di più di un omicidio politico: l’OVD-Info, progetto mediatico russo indipendente sui diritti umani, lo ha definito un attacco alla speranza. Speranza di cosa? Di concretizzare quella bellissima “Russia del Futuro” che tanto sognava Alexei Navalny.

Le armi del governo

Il 20 agosto 2020, quasi quattro anni prima del suo effettivo decesso, Navalny era stato vittima di un avvelenamento. Mentre Mosca continuava a negare qualsiasi coinvolgimento, arrivava la conferma dalla Germania, dove il dissidente era ricoverato in gravissime condizioni, circa la somministrazione di Novichok, un potente veleno sviluppato in Unione Sovietica negli anni ‘20. Su avvelenamenti e omicidi politici, e sul “sistema criminale” su cui si regge il potere russo, si è espresso Arkadi Vaksberg, giurista, giornalista e drammaturgo russo scomparso nel 2011. Nel saggio “I veleni del Cremlino” spiega come questo spietato sistema sia stato infatti messo a punto da Lenin, perfezionato da Stalin e portato a impensabili livelli di sofisticatezza da Putin.

I libri

Avvocati di guerra, di Gennaro Grimolizzi: I diritti – limitati, compressi, soppressi – degli avvocati ucraini e russi e la loro condizione di uomini e donne che vivono, nel ventunesimo secolo, la guerra nel cuore dell’Europa. Un conflitto armato che ripropone blocchi contrapposti. Come vivono questi avvocati che dovrebbero essere uniti e avere come unico obiettivo la difesa dei diritti? Il volume raccoglie le loro storie e le loro testimonianze.

I veleni del Cremlino, di Arkadi Vaksberg: Gli archivi di Stato, aperti per un breve lasso di tempo nel 1991, hanno permesso a Vaksberg di ricostruire una storia di persecuzioni implacabili, di inganni crudeli, di omicidi freddi e spericolati, di morti misteriose, di sostanze che non lasciano traccia. Fino ad arrivare ai giorni nostri.

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