Con questo atto d’accusa il deputato socialista Jaurès si rivolge al parlamento francese nel 1897. È il suo terzo intervento in difesa degli armeni perseguitati dall’impero ottomano e abbandonati dalle grandi potenze. Egli, come sottolinea Fontana nella sua introduzione, «con la solennità del suo discorso e con la volontà di spezzare le complicità francesi, dimostra che la politica non ha frontiere e che la morale democratica impone la lotta contro la tirannide ovunque essa sia». Jaurès propone una lettura politica del dramma: condanna la miopia del governo francese e il colpevole silenzio dell’opinione pubblica sui massacri armeni dichiarando che quei massacri riguardano l’umanità intera e che la Francia, per ragioni che risiedono nella sua storia, non può ignorarli. E si è solo ai prodromi del genocidio: il Metz Yeghérn, il grande male che costerà la vita a più di un milione di armeni deportati all’interno dell’Anatolia e massacrati lungo il tragitto, deve ancora arrivare.
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